La siccità durava da oltre tre mesi ed alle campagne inaridite non era sufficiente la poca acqua dei pozzi artesiani, oramai quasi asciutti.
Di sera, le vecchie, tra un rosario e l'altro, chiedevano a Dio l'acqua per la terra dei loro figli ed ogni domenica, la piccola chiesa di Santa Maria delle Grazie era piena di contadini dai volti preoccupati, che pregavano con il silenzio della loro disperazione.
Il sindaco, Peppe Longobardi, un omone che ci teneva al suo paese ed alla sua gente, si recò da don Cesare per fare il punto della situazione.
- Don Ce', occore fare qualcosa!-
- Caro sindaco, non dipende certo da noi, è il buon Dio che manda la pioggia!-
- Si ma.se continua così, che succederà?-
- Succederà quello che deve succedere, non dipende certo dalla nostra volontà!-
- Perché non facciamo qualche processione? Forse aiuterebbe il Signore a
- decidersi prima !-
- La preghiera è un atto spontaneo, comunque anche la fiducia nella fede e nella provvidenza può aiutare a vivere!- concluse don Cesare Quadrino, mentre i lineamenti di Giuseppe " 'Ndrione", come veniva chiamato dai compaesani, si distesero. Il sacrestano, un bravuomo della famiglia dei D'Ambrosi, chiese a don Cesare quale santo avrebbe dovuto preparare per la processione.
- Guaglio' iniziamo con la Vergine Benedetta, poi, in caso di esito negativo, continueremo con San Sebastiano.-
- Va bene.- assentì l'uomo, che pure aveva la terra riarsa.
Quella domenica, la processione mosse dalla piccola chiesa medievale e continuò per via Zeccagnuolo, perdendosi nelle campagne del Sanvalentinese. Era ormai sera, quando la Madonna fece ritorno in via Santa Maria, seguita da buona parte di popolo,
mentre le vecchie piangevano tra ripetuti segni di Croce.
Purtroppo, la bella statua della Madonna Addolorata non aveva sortito alcun effetto, tanto che il parroco, sua sponte, aveva organizzato per la domenica successiva la processione di San Valentino, il santo patrono. Neanche questo evento ebbe successo, anzi, l'aria si fece ancora più asciutta e di nubi nemmeno una, fin oltre le cime dei monti della vallata del Sarno. Quella domenica di fine agosto, era di turno San Rocco e, per quella occasione, anche il sindaco "Ndrione", con la fascia e la faccia di circostanza, partecipò alla funzione. Le monache dei due asili aprivano il corteo e pure padre Marco dal capoluogo, giunse con una rappresentanza di fedeli. Una lunga processione, con la banda di Squinzano, che suonava " Evviva Maria" e le trombe diffondevano le note per i campi bruciati, con le lucertole che giocavano tra gli sterpi riarsi delle piante di pomodoro. La risposta venne tragica ed inequivocabile: il sole si alzò alto nel cielo per tutta la settimana, con un caldo che sconvolgeva tutti. Come fare? A quale santo rivolgersi? A parte il fatto che tutte le statue presenti nella chiesa erano già state portate in processione e non era certo il caso di farsi imprestare qualche altro santo dai comuni limitrofi.
- Non abbiamo proprio più niente?- chiese don Cesare al sacrestano,
- Veramente.ci sarebbe.- l'uomo esitò,
- Ci sarebbe?- chiese in modo fermo don Cesare.
- Ci sarebbe un Gesucristiello, in congrega, ma ha una gamba rotta, un braccio spezzato e gli manca un piede.-
- Non fa nulla! Aggiustalo alla meglio e portiamolo in processione domenica!- ordinò il parroco, col tono di chi non ammette rifiuti.
Per tutta la settimana, il sacrestano cercò di riparare il crocifisso meglio che potè e la domenica mattina, lo mise sulla Croce, che a mala pena si reggeva. Ma il capolavoro lo fece al piede, riparandolo perfettamente con il piede di cartogesso di una vecchia statua di San Sebastiano.
La processione mosse alle undici di mattina e quel Cristo malandato faceva una compassione tale, che solo a guardarlo ti commuoveva fino alle lacrime. Il braccio incerottato teneva perfettamente, solo il piede oscillava pericolosamente: il caldo eccessivo aveva sciolto la colla usata dal sacrestano.
Il sindaco sbuffava ad ogni passo, asciugandosi il sudore, ma il prete sudava di più, sotto i paramenti sacri.
- Se tutti i santi della nostra chiesa non sono riusciti a far piovere, nemmeno con
l'intercessione della santa Vergine Benedetta, esordì il sindaco, come fate ad
aspettarvi l'acqua da un povero Gesucristiello, rimediato tra le cose vecchie della
congrega?-
- Abbi fede figliolo, e spera nella misericordia di Dio! Che Mamma e Figlio sono le colonne del Paradiso!- rispose il parroco, senza bater ciglio.
- Se anche questa volta non pioverà, continuò il sindaco "Ndrione", giuro che quando morirete non vi porterò nemmeno un lumino sulla tomba!-
- E che me ne fotte! All'altro mondo non si legge il giornale!- ribatté secco il monsignore, continuando:
- Agnus Dei, qui tollis peccata mundi, miserere nobis.-
La processione, come le precedenti, procedeva tranquilla e rassegnata, quando improvvisamente sembrò si aprissero le porte del cielo. Un fuggifuggi generale pose fine alla cerimonia, mentre il prete, il sindaco ed il Gesucritiello col sacrestano ripararono sotto l'ampio portane dei Frigenti, proprio di fronte a via Zeccagnuolo, la strada che portava nelle campagne. L'acqua scendeva giù che era un piacere, come quello che traspariva dalla faccia del prete, nel mentre che fissava il viso del sindaco, che non sapeva più cosa dire.
- Non state a preoccuparvi, iniziò don Cesare, il lumino ve lo porterò io, dal giorno dopo che vi avrò accompagnato nell'ultimo viaggio!-
- L'importante che la siccità sia finita!- tagliò corto il sindaco con un certo imbarazzo-
- Però, chi manche te crìde, chi se s'aspettava ca 'nu povere Gesucristielle te faceva 'stù miracolo! - commentò il sacrestano, guardando il Cristo che aveva incerottato per l'occasione.
In breve tempo, tutti dimenticarono la siccità, le processioni ed il miracolo dell'acqua, ma don Cesare lo fece restaurare quel Cristo malandato di cartapesta e da quel giorno, tutti gli anziani del paese rivolgono a Lui le loro preghiere per i figli ed i loro nipoti.
FINE
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