“Mamma,
apri mamma! Domani è Natale. Sono tre anni mamma… aprimi! Ho voglia
di abbracciarti. Apri quella porta. Ho freddo mamma, piove e sto
bagnandomi tutta!
- Mamma, ti prego, apri. Devo dirti una cosa importante.”
Lui era rimasto muto, non faceva che tenerle l’ombrello, ma la pioggia
si intensificava.
Erano ormai inzuppati entrambe: lei continuava a bussare e chiamare;
finchè Luigi sbottò:
- “Basta! Sono anni che ad ogni festa mi trascini dietro questa porta.
Quella pazza non aprirà, neanche ‘stavolta!”
- “Zitto, per favore. Mamma, hai sentito? Apri, fagli vedere che si
sbaglia, aprimi.
Stavolta non andrò via. Ricordi? Mi hai detto che per te ero morta:
bene, morirò dietro questa porta, non andrò via se non apri!”
Una bestemmia più forte di un tuono.
Anche lei si voltò stupita: il suo Luigi non lo aveva mai sentito
bestemmiare.
Il pensiero corse al passato, a quelle giornate nere, tra tribunali e
liti in casa.
Quel porco del dottore aveva abusato di lei più volte: quando si era
ripresa, aveva confidato tutto a sua madre in lacrime. L’aveva
narcotizzata e l’aveva tenuta due giorni alla sua mercé.
Sua madre non voleva che lo denunciasse, doveva tacere: il paese è
piccolo e la gente parla… non si può accusare il dottore, mettere in
piazza un fatto di questa dimensione.
Dunque doveva tacere.
- “Tu farnetichi! Deve farla franca dopo ciò che mi ha fatto? Ti
rendi conto cosa mi chiedi?
Io sono la vittima, e quando la vittima tace crea altre vittime. Non
posso tacere non è giusto.”
- “Ma io non voglio che il paese sappia, non potrei più uscire di
casa!”
Difatti erano anni che non usciva se non raramente. La sua compagnia era
un gatto nero.
Anche lei nella sua ostinazione si creò una prigione ed allontanò la
sua unica figlia da lei.
- “Mamma, ora sono qui, apri! Voglio darti un bacio e poi devo darti
una bella notizia.”
Quella porta non si aprì.
Lei pensò a quell’ultimo giorno, quando uscì decisa da quella porta;
lei la seguì fuori:
- “Non andare ti prego, ascoltami!”
- “Mamma, ciò che mi chiedi non è giusto. Non potrei tornare ad
essere donna con questo peso dentro e sapendo quel maledetto libero.
Vado a denunciarlo.”
- “No, ti prego! Per me sei morta se fai una cosa del genere..”
- “Tu non ragioni mamma, tu non sai come ci si sente dopo uno
stupro!”
- “Sei sicura?”
Ricorda… quelle parole le fecero provare un brivido. Dunque anche lei?
Si voltò. Sua madre piangeva.
- “Mamma.. anche tu?”
- “Solo che il mio fu uno stupro autorizzato, certificato..”
Ricorda che si sedette su quello scalino e guardò sua madre in
silenzio, dopo essersi asciugata le lacrime, continuò:
- “..avevo 13 anni allora, non sapevo nulla né di uomini né della
vita; avevo i miei sogni di ragazzina.. Lui erano mesi che veniva con
mio padre, legava il cavallo fuori e beveva un bicchiere di vino; aveva
28 anni più di me, mai avrei pensato che papà e mamma mi avrebbero
venduta. Sì, venduta! Non fu che una vendita.
Mamma venne nella mia stanza e mi parlò: il cavaliere ti vuole per
moglie; ci darà la casa e il terreno e ti sposerà. ..ma è vecchio,
brutto, grasso.
Avevo 13 anni, cosa potevo capire. Entrambi i miei genitori mi
convinsero che era la mia fortuna, dovevo accettare, ed accettai!
Fu uno stupro che durò una vita, solo che ero vittima consapevole di
essere stata sacrificata.”
- “Erano altri tempi. Mamma lo capisci o no che eri consenziente… io
no!”
Non ricorda suo padre: morì che lei aveva 6 anni.
Ma, nonostante avesse scoperto la verità sul vero rapporto dei suoi
genitori, proseguì ed accusò quell’uomo e lo fece condannare.
- “Mamma aprimi! Devi aprire, devo dirti una cosa meravigliosa.”
- “Basta!” – urlò lui.
- “Non puoi ucciderti ed uccidere il nostro bambino. Vieni via o ti
porto via di peso!”
Il rumore della porta che si apriva… Lei apparve in lacrime.
- “Un figlio. Aspetti un figlio… aspetti… Un nipote.” –
tartagliò confusa.
Si abbracciarono sotto la pioggia.
- “Che diamine!” - disse lui
- “Non potete abbracciarvi dentro?” - Li spinse dentro, lui rimase
sull’uscio.
- “Entra.” - disse la vecchia.
- “Torno domani.” - disse lui.
E scomparve sotto la pioggia.
FINE
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