Solo
venticinque primavere erano trascorse da quella fatidica prima volta in
cui un sisma bellico cessava di scuotere l'intero mondo (dopo aver coinvolto
ogni suo figlio ribellatosi a lui e alla stessa natura), quando,
accompagnato da un altro oscuro inizio stagione, un nuovo terremoto faceva
crollare per l ennesima volta gli ideali e le speranze d ogni creatura.
La giornata stava volgendo al termine, e l'imbrunire avanzava sempre più
prepotente, mentre il volto oscuro delle notte, allo stesso modo di quello
dei potenti , faceva rabbrividire la natura stessa. Il giorno
s'apprestava dunque a cedere all'avanzata della notte; per cui, prima
che esso scomparisse nel vuoto sguardo delle tenebre, m'avviai di
corsa verso l'orizzonte infuocato, correndo incontro al sole cadente.
Senza meta, il mio solo fine era giungere il prima possibile
laddove le follie umane non potessero raggiungermi, cercando di battere
sul tempo le profonde oscurità per non essere di nuovo loro
ospite. Naturalmente non giunsi mai a tale velleitaria destinazione, ma
approdai in un luogo che forse tuttora considero ciò che più
s'avvicina all'ideale di cui ero alla ricerca. L'oscurità avanzava
rapidamente, aveva già il sopravvento, e forse per questo accolsi
la visione di quell'abitazione con la stessa gioia d una reggia. Ma in
realtà, già dalla prima aurora, essa appariva come l'ennesima
menzogna delle tenebre che ancora una volta mi avevano subdolamente
schernito, poiché l'abitazione in riva al lago non era altro che poco
più d una capanna. L'oscurità mi aveva tratto in inganno trasfigurando
la realtà, ma su tutto il resto invece la notte non aveva affatto mentito.
Ciò che in quel momento mi si parava di fronte agl’occhi, in
qualsiasi direzione volgessi lo sguardo, era una racchiusa e minuscola valle,
circondata da ripidissime colline alberate, con al centro un convesso
laghetto, custodito da alti pini che lo recingevano.
Tutto
questo era molto più di quanto dal filtro dell’oscurità fossi
riuscito ad intravedere. Il sole, che all’alba illuminava la
superficie di quella distesa d acqua, dava l’impressione a questa
ultima di essere ricoperta da una lamina d oro che la rendeva luminosa
come uno specchio, mentre i pini circostanti, ondeggiati dal vento,
tremolavano come smisurate dita intenzionate a proteggerlo da ogni sorta
d intrusione.
L’anomalo
vento che bisbigliava tra i loro aghi dava l'impressione d una
fitta serie di sottovoce che stormiva incessantemente; la stessa brezza
che rendeva altresì possibile una leggera increspatura delle
appena percettibili onde del lago, che lo trasformavano in un minuscolo
quanto incantevole mare.
Il silenzio innaturale che copriva quel luogo, rendeva magico l'intero
ambiente. Le nefandezze del momento sembravano non intaccare minimamente l
incantesimo di quel posto. Non ebbi ancora modo di riavermi dallo
sconcerto del fascino di quell'ambiente, quando si presentò alla mia
vista una giovane fanciulla. Stranamente, mi richiamava alla
memoria una mia antica compagna. Per un lungo istante mi sembrò di
rivivere il passato.
Una serie infinita di emozioni, sentimenti e ricordi m investì tutta
insieme. Pareva che il destino m avesse concesso una nuova possibilità.
Forse avrei potuto rivivere ciò che anni prima mi fu brutalmente
sottratto dalla stessa volontà superiore che alla stessa brusca maniera stavolta
dava l'impressione di voler rimediare alla precedente tragedia. Ma
qualunque fosse lo scopo di quell'incontro, la certezza che la mia esistenza
stesse forse per prendere una direzione completamente opposta da quella
che fin allora m era dato conoscere già mi rendeva diverso.
Oltre a questa sensazione, ciò che mi lasciò da subito perplesso fu
quel suo fresco aroma che rispecchiava attendibilmente quella che avrei scoperto
in seguito essere la sua vera natura: una personalità posata ma
smagliante, nonché eminente ma flessuosa come la sua figura. Il suo volto
pallido contrastava inverosimilmente con la sua liscia capigliatura
bruna, sciolta lungo le spalle e ornata da un variopinto cespo floreale.
Fui immediatamente colpito da quello sguardo assente e spento, lo stesso
che m inteneriva debilitando ogni mia volontà.
I
suoi occhi melanconici non riuscivano a distaccarsi dai miei. I
nostri sguardi primeggiarono protagonisti assoluti per alcuni
interminabili istanti, in quel palcoscenico naturale, ignorando
tutto il resto come se non esistesse. Improvvisamente, ella mi chiese,
con voce cristallina e tono severo, chi fossi e cosa
cercassi.
Non
fui capace di dare una risposta ben precisa; dichiarai soltanto di
trovarmi lì per caso e di essermi perduto. Subito dopo, avanzai
l'azzardata richiesta di poter almeno provvisoriamente rimanere.
Inaspettatamente, questa mia poco umile richiesta fu accolta con
gioia dalla fanciulla, e senza alcuna obiezione o parola da parte sua.
Il suo tacito consenso fu espresso dal giocondo quanto stupito
sorriso improvvisamente apparso sul suo volto; riaccesosi, come mi
confessò in seguito, dopo anni di misera tristezza.
L’intensa timidezza d entrambi non rese affatto privo di difficoltà
il nostro approccio e, in seguito, la nostra coabitazione. Ma col tempo
anche la timidezza iniziò a svanire come le nubi spazzate via dal
vorticoso vento del nord. Forse in virtù di tutto ciò il nostro
rapporto fu unico e ineguagliabile! Col tempo avevamo iniziato a
vivere incuranti del mondo esterno.
Solo
ciò che ci circondava e che era alla portata dei nostri occhi c
interessava! Ciò sembrava rendere il nostro rapporto e le nostre vite
al di sopra della natura e delle sue stesse regole.
L’unica
norma che rispettavamo era la nostra: vivere senza moderazione o
costrizione e godere del presente, senza più pensare né al passato né
al futuro, come se essi non esistessero più o non fossero mai
esistiti. Assorbivamo ogni risorsa che quella esistenza ci forniva
generosamente.
La nicchia
che c’eravamo costruiti intorno ci compensava rendendo sempre più
impenetrabile la nostra estraneità dal mondo. Ciò non solo ci faceva sognare,
ma c'induceva in un tale particolare stato di grazia che ci consentiva
di sentirci come novelli Adamo ed Eva nel nostro unico e personale
Eden.
I giorni e i mesi trascorrevano sereni e tranquilli, come mai avevamo
avuto modo di sperimentare, facendoci smarrire persino la cognizione stessa
del tempo, come se quell’unica giornata si estendesse all’ infinito.
Anche lo spazio rimaneva il medesimo: statico e immutato come il nostro
essere. Sempre più insistentemente ci convincevamo di far parte di quel
mondo; ed ogni singolo particolare ci rammentava che realmente ciò che
vivevamo non era un sogno. Ella era affascinata da quella natura:
il suo cielo sempre azzurro il suo perpetuo stormire di uccelli, che
invidiava con tutto il suo libero e sfrenato spirito di libertà
che il suo cuore ribelle le concedeva, tanto che il suo utopistico sogno
fu sempre stato d’essere una rondine, per volare senza mai fermarsi,
scrutando il tutto dall’ alto senza mai più toccare terra. I suoi
occhi scuri sembravano brillare e illuminarsi qualora riuscissero
ad intravedere anche in lontananza un solo esemplare di quegli invidiati
volatili. Dunque, seduti entrambi in riva al lago, con la schiena
accostata a quelle olezzanti conifere, immaginavamo spesso, chiudendo le
palpebre, di trasformarci entrambi in una di quelle rondini;
raggiungerle ed errare assieme a loro nell’infinito. Spesso tale magia
perdurava fino a quando il sole morente scompariva dietro quegli
erti colli alberati. Quando finalmente la luna si rispecchiava nell’
ormai scuro lastrone d acqua, ci tuffavamo nel medesimo e nuotavamo
fino allo sfinimento, per poi amarci sotto lo sguardo vigile e malizioso
del nostro satellite e di quello invidioso e beffardo delle
tenebre, fino a quando queste, cacciate nuovamente dalla calda e
luminosa aura solare, scomparivano.
La
sua non era un indole particolarmente loquace, ma ogni qualvolta
esprimeva ognuno dei suoi profondi pensieri, il suo carisma diventava
tale da far elevare il mio animo con la sola forza di quelle sue
leggere parole, al punto da riuscire a farmi innalzare e volare con l
immaginazione. Il riecheggiare sinuoso di esse tra gl’anfratti
irraggiungibili della mia anima e quelli nascosti del mio cuore cullava
in una vibrante melodia i miei melanconici pensieri e le mie
sofferenti speranze.
In quel mentre avvertivo il vento gorgheggiare sotto soffici nubi, il
sole discioglieva microscopiche lacrime di pioggia, insieme alle mie
disillusioni, mentre timidi sprazzi di luce invadevano ogni mio senso
pervadendo ogni singolo frammento della mia anima. La sua sensibilità
illuminava quei cupi bagliori di pessimismo che da sempre m invadevano,
cedendo all’avanzare di pungenti schegge di rinnovate promesse e
risuscitate aspettazioni, mentre nuove spemi prendevano ad accavallarsi
nella mia mente. Quando mi trovavo con lei, il mio cuore era come un
mare in tempesta.
Ma un giorno, al termine d uno di questi suoi mistici istanti, durante
un limpido e colorito tramonto, ella confessò che nell’eventualità d
una
sua nuova rinascita avrebbe scelto di tornare da me come un angelo che,
sottoforma di rondine, mi avrebbe seguito e protetto per sempre, finché non
ci saremmo ritrovati definitivamente.
Profeticamente, quella fu la nostra ultima conversazione, poiché
nell’attimo immediatamente successivo ella si tuffò, correndo, nel
nostro laghetto, senza mai più farne ritorno. Decisi così di
tornare nel vero mondo; quello tanto delusamene lasciato; abbandonando
immediatamente e per sempre quel luogo per me tuttora
soprannaturale.
Da quel giorno, spesso, sottovoce ripeto instancabilmente quelle sue
incoraggianti parole.
Qualora i miei occhi scorgano una rondine, il pensiero di lei che mi
osserva e protegge dall'alto di chissà quale cielo mi rasserena, mentre
il ricordo di quell'eden torna sempre con prepotente nostalgia nel
mio cuore, riconducendomi con la mente in quel luogo e in quel tempo, permettendomi
ancora, anche se in maniera breve e illusoria, di sognare
nuovamente.
FINE
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