I Racconti di Gluca
Un decaffeinato, Grazie
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“Mia amicada giorni e forse un mese mi guardo attorno pensando ad una lettera da destinarti, come notizie di me che scambio con l’aria, e il passo svelto d’un postino. Ho letto i tuoi libri, sai? Memorie che m’hai lasciato in prestito, come diari di viaggio,i tuoi forse, anche, dati a leggere per sapere, forse capire. Da Erri ed i suoi 3 cavalli[1]non ho più letto nulla che sapesse di vero, doloroso e vero. Le sue pagine mi mancano ancora. Mi chiedevi dove io posi, ora, gli occhi, entrato di già, come sono, ed intero in una vita che prima non sapevo, e posso dirti che percepisco appena il significato d’aver camminato molto salendo…perché potessi, in cima, rendermi conto della distanza percorsa. Forse tu conosci quel dolore scuro di chi cammina fragile, incerto sui passi, dove speri pace, ma sei familiare soltanto al sapore del sacrificio. Che sminuzzi fra i polpastrelli, come spezie per dar corpo al tuo pasto sulla strada, quotidiano. Si spendono lacrime per capire quanto costi un metro di pace, in cui piantar tenda; ed una volta trovato un posto dove fermarti, è forte il desiderio che qualcuno si fermi lì, davanti a te, per piantare un fiore di gioia. Da sempre mi ripeti che nessuno può piantare quel fiore nelle nostre vite, se non gli offriamo pace, in cambio. Quella pace le mie mani l’hanno scolpita, sul sudore, ed ora non aspetto che un soffio di vita gli doni amore, animandolo. Ora vorrei raccontarti una storia, una fra tante, un mio giorno qualsiasi, come tanti ne sai già. Così continuo a parlarti di me……………………………………………. “…E tutto va come deve andare O per lo meno così dicono E tutto va come deve andare O per lo meno me lo auguroE tutto va come deve andareO per lo meno così dicono E tutto va come deve andare O per lo meno me lo auguro…”[2] …66 centesimi.” “..64 e….ses-san-ta-se-i. Ecco a lei…sono esatti … no?” “Peeerfetto, a posto così…”. “Gaetà, un decaffeinato ar ‘siggnore’ ” “Subbito…”. Da sempre, lo chiamo il “Bar delle Lanterne”, per due lampioncini gialli che ne illuminano debolmente l’insegna al neon, fuori. Da sempre, e cioè da quando si fa sera e non sopporto più di lasciar scivolare via un giorno senza trattenerne, almeno, gli ultimi spiccioli. Da quando, alla sera, strizzo via dai miei panni quel po’ di malinconia eccedente, chè troppa umidità può ammalare il cuore. Spesso, per giorni, non esco di casa… malattia di vivere, la chiamano. Se non hai qualcuno da vedere un amico una donna un fornaio da incontrare o a cui chiedere qualcosa, rinunci a quel ‘giretto’ dell’isolato, consigliato solo per far muovere le gambe. Trovo una scusa, di giorno, e mi sforzo di non cedere a quel ripetersi irrisolto di angusti tragitti di sempre. Di giorno. Ma lì, alle ‘Lanterne’, ritorno quasi ogni sera. Mi prendo la mia parte di giornata. Ultima spicciolata di vita, e pure un decaffeinato. C’è vita, lì La respiri con gli occhi, nell’aroma di un caffè furtivo…a raschiar via amaro di bocca e cattiva digestione di pensieri. La spii, quella vita, nell’attimo di uno sguardo gettato a rubare specchi rotti di visi /occhi /gesti di chi ama quel posto. Intercetti una parola, un colore. Un profumo. Storie di un minuto, o ‘Storie di bar’. Chiasso, intorno. Di uomini e donne e bicchieri e tazzine e tivvù. Vociare inedito, ogni sera, a confondersi sulla pubblicità che cola dal tubo catodico, e dalle note distorte di una radiolina da calcio-amatore. Quella di Lucio, il proprietario. Lì, in un angolo, dietro alle sue spalle. Lui le tiene accese per sé, fra uno scontrino ed un pacchetto di sigarette che passano di mano in mano. “Buonasera, e grazie”. C’è tanta umanità che lambisce ed attraversa questo Caffè, prendendo qualcosa, pagando qualcosa. Per un solo istante di vita. Anonima. Vera. Un’umanità che di giorno è nascosta. In maggior parte, addetti ai servizi di pulizia notturna delle strade, nomadi che spendono ed imprecano al videopoker, donne che riaggiustano il trucco, dopo il carosello dei marciapiedi notturni. Davanti al bancone del bar, tutti lasciano fuori i loro mestieri domande_case_numeri-di-telefono_decisioni-prese-all’alba_valigie-ancora-sul-letto_sete-di-vivere_emarginazione_sofferta: tutto, appena dietro la porta, come un cane che lasci legato fuori, e per un istante riaccendono smarriti sorrisi e cuori, ravvivano capelli stiracchiando l’orlo di un abito, e tanta ingenua curiosità negli occhi, per un barman che miscela caffè e concede bicchieri d’alcool. E’ porzione d’umanità, che di giorno si nasconde. Forse, più semplicemente, pochi ricordano che c’è. A questo mondo. Dorme, di giorno. Sogna, forse. Ciò che la notte, poi, non può più inventare. Per lei. Chissà. Il bar è una tappa, d’un cammino di cinque isolati, che almeno una volta al giorno concedo al cuore, oltre che alle gambe. Un passeggio di pensieri al guinzaglio, e cose, che so sognare di più quando sono solo, e cammino masticando stretto a passo svelto, per non destare attenzione e domande in nessuno. Come stessi tornando in fretta a casa. Fame di stelle, e polvere di cielo ritrovo in bocca, ogni sera. Quando è più forte la nostalgia d’un domani che vorrei non fosse avaro come il giorno che saluto. Da tempo, ormai, è questo il sapore di un’impazienza. Di non voler più camminare solo. Ad annusare odori lasciati in scia da un nome di donna. Che da sempre cerco. O almeno aspetto. Di non tenere più entrambe le mani riposte affondate nelle tasche. Stanche. Vuote. Allargate. Da tempo, ormai, c’è troppo posto libero&vuoto accanto a me. Ed una mano aspetto, nella mia mano. A tenersi, entrambe strette e complici. In silenzio. E così, sono attimi in fuga, corsi e rincorsi nell’aria carica della sera. Fra sguardi veloci e passi svelti, di uomini e donne e macchine che passano al lato, andati e poi ritornati nei e dai luoghi di sempre. Come dice Liga. “Nella vita sono andato, dalla vita son tornato”[3]. Così, noi tutti, tutti i giorni. E veloci i pensieri, e flashes di immagini baluginanti, nella mente, archiviati chissà quando e dove. Li rielaboro tutti. Diventa melodia, compagnia di cammino. Guardare assorto, in terra, ma senza vedere alcunché. E ripenso alle mie parole dure al telefono, oggi, ad un amico, che svende, senza più prezzo, il suo amore ad una donna che da mesi lo soppesa come spiccioli nelle tasche, e vorrebbe restituirlo al mittente…Come un regalo sbagliato nella taglia, e lì a chiedersi se sia educato ridarlo indietro. Soffre, ma vorrei tanto fosse felice, perché ha amore in sovrappiù, quantità meravigliosa, e penso sempre più che il mondo disprezza chi più ama perché meno amato. E ripenso a tutte loro, che molte, molte volte, con cortesia hanno ‘dribblato’ quel posto vuoto accanto a me, con cortesia. È giusto restare solo amici, se altro non c’è che amicizia, non è così? Giusto. Perché è difficile convincere qualcuno a voler ‘far strada’ insieme a te. Specie se non gli hai infiammato neppure una briciolina di cuore. Neppure una. Sei hai fortuna, dicono, coincidono l’ora, luogo e persona. Se non ce l’hai, ci sarà sempre un addendo mancante a far saltare la tua somma. Dicono che prima o poi i conti tornano. O torneranno. E ripenso al mio domani, uguale all’oggi e a ieri, e a cento mesi fa. Tanta strada fatta a piedi, e credo ancora di essere vicino al punto che mi ha visto partire, guardando al futuro, di schiena, salutando con la mano. ‘Non c’è mai fine al viaggio, anche se un sogno cade’, dice Claudio[4], e per ogni pezzetto raccolto, frammento d’esistere, dico che è vero. Che in fondo, mi ripeto, ‘c’è sempre qualcosa di più , un po’ più in là…non finisce mai’[5]. Così, addolcisco il mio decaffeinato, ogni sera, alle ‘Lanterne’, girando in girotondo i miei sempre-soliti-già-detti-pensieri, in un cucchiaino d’anima e zucchero che giro, rigiro ed ancora giro…stanco solo di non potere. Mai di volere. S’è aggrumato già da qualche ora il cielo, in un tramonto già visto milioni di sere. E’ lo stesso di sempre. Talvolta, varia il tema in uno sfilacciarsi pigro di fluide nubi che disegnano fantasie, lì in cielo, leggerissime. Chissà se qualcuno avrà mai volto loro gli occhi, per ascoltarle. Mi sforzo, talvolta, di leggerne ‘dentro’ un messaggio, come un segno che parla di cuore, e al cuore predice. Verrà un giorno, ne son certo, che vi troverò scritto…….. amore. ‘Notte a tutti, e grazie ancora, Gaetano, per il tuo sempre-eccellente decaffeinato.” [1] Erri de Luca, ‘Tre cavalli’. [2]883 – Max Pezzali, ‘Come deve andare ’. [3] Luciano Ligabue, ‘Questa è la mia vita ’. [4] Claudio Baglioni, ‘Sei tu ’. [5] Jack Kerouak, ‘Sulla strada ’.
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