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Brine

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Dammi un' idea


L'urlo lo fece sobbalzare..."dammi un' idea! " Mio Dio che vita! non ne poteva più con quella donna, si disperò Sergio. Ecco ora ricominciava.
Da quando aveva partecipato a quel concorso letterario e per sua disgrazia, di Sergio si intende, si era classificata al settimo posto, credeva di essere diventata una novella Agata Christie.

Lei continuava a gridargli "dammi un idea!" Un idea lui l'aveva, ucciderla, si ucciderla, come in un film giallo. "Come nella migliore tradizione horror" ridacchiò tra sé. La sentiva borbottare e litigare con il gatto Biscquitt.

"Scendi dalla tastiera, gattaccio maledetto!"

Il ticchettio furioso dei tasti gli urtava i nervi.

Mio Dio che vita, che vita!!!

Si allungò sulla poltrona, i piedi sul prezioso tavolino, sua unica rivalsa, gli occhi chiusi, meditava la sua tremenda vendetta.
L'auto si inerpicava velocemente lungo i tornanti del valico, lui era impegnato a reggersi con entrambe le mani al sedile della vettura,neanche la cintura riusciva a tenerlo stabile a quella velocità e in quelle curve. "Vai piano! Vai piano!"
Continuava a ripeterle. "sta zitto!" disse lei con tono arrabbiato,"ammira che panorama meraviglioso, guarda che magnifici fiori e taci!" "Attenta!!!" l'urlo gli uscì involontariamente alla vista del grosso pullman che si parò improvvisamente davanti a loro. 
La frenata brusca lo proiettò in avanti, l'impatto fu evitato per miracolo, "che vita, che vita!!!" Vide il viso del conducente alquanto seccato, le sue labbra muoversi, intuì le parolacce rivolte al loro indirizzo, come dargli torto pensò.

Lei con gelida calma fece marcia indietro, per lasciare spazio al grosso automezzo, mormorando un "imbecille!" Ripartì a razzo. "Ma che fretta hai?" mugolò Sergio, "che fretta hai?" Nessuna risposta da parte sua, solo quel lieve sorrisetto e un laconico " fifone".
Fifone , le avrebbe fatto vedere lui chi era il fifone! Giunti alla sommità della montagna, lei fermò l'auto in quello slargo dove di solito andava, in primavera, a raccogliere fragoline selvatiche. Erano la sua passione, anche se poi non le mangiava.
Di sicuro non era la prima incongruenza del dolcissimo, meraviglioso carattere.

Questa volta era riuscito a convincerla a portarlo con se, forse era questa la causa del suo malumore. Certo non poteva mai immaginare quale potesse essere il motivo, la guardò sospettoso:" O lo immaginava?" Si chiese perplesso.
La vide allontanarsi nel sottobosco, le mani in tasca, il naso per aria.

"Certo..."pensò Sergio,"è proprio un peccato". In fondo aveva amato quella matta, ma ormai aveva deciso, l'avrebbe uccisa. Si avviò lentamente verso il bordo del dirupo, in cerca del posto più adatto per spingerla giù. Un grosso cespuglio di ginestre faceva bella mostra di sé, il posto era ottimo, proprio sull'orlo del precipizio, un'esca perfetta. La chiamò a gran voce "Lindaaaa!!! "Lei gli rispose da dietro le spalle, facendolo sobbalzare. " Che urli?" Sergio si girò di botto guardandola meravigliato, non l'aveva proprio sentita arrivare.

" Non urlavo, ti stavo chiamando. Guarda che bel cespuglio, so che adori le ginestre, te ne raccolgo un po', vuoi cara?"

E le sorrise con aria accattivante."Come aveva previsto lei rispose, "grazie faccio da me" ed incominciò ad avvicinarsi cautamente al dirupo, lui la seguì, pronto ad afferrarla, in caso fosse...scivolata. Aveva le mani già protese, quando lei si fermò di botto. 

Si voltò con aria spaventata, "Sergio, guarda c'è qualcosa là sotto, sembra un corpo" disse con voce strozzata."Ma che dici? Dove, fammi vedere". Lei si spostò di lato per fargli spazio, Sergio allungò il collo verso il vuoto,"ma dove? Io non vedo niente" improvvisamente sentì uno spintone e si trovò sbilanciato, barcollò perdendo l'equilibrio e..."Lindaaaa!!!!" L'urlo si propagò nell'aria mentre incominciò a precipitare nel vuoto, come al rallentatore vedeva il fondo del burrone avvicinarsi. " Maledizione!" rise, "gliel'aveva fatta ancora una volta".
Il gran tonfo lo svegliò nel momento in cui tocco il suolo.

Spalancò gli occhi madido di sudore, si ritrovò sul tappeto del salotto lungo disteso, il rumore della tastiera scagliata per terra con forza lo riportò alla realtà, si guardò intorno stranito, ed ecco di nuovo l'urlo echeggiargli nelle orecchie.

" Dammi un ideaaaaa!!!!!."
Incominciò a ridere piano, poi più forte, un sogno, meno male, era stato solo un sogno.

Ed eccola affacciarsi sulla soglia, tutta scarmigliata, con il gatto che le trotterellava dietro, lo guardò imbronciata "che ridi? Pensa a darmi un idea!"
Sergio continuò a ridere a crepapelle, si alzò dal tappeto tutto indolenzito, come avesse fatto un gran volo, l'abbraccio stretta mormorando: Mio Dio, che vitaaaa!!!!!. 

FINE



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