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I Racconti di Laura Bertoli


Agata e l'arcobaleno


Per Giancarlo, il mio lettore virtuale, e Alessandra, la mia prima vera lettrice……e per me stessa, che, per fortuna, non riesco a smettere di scrivere.

Brighton, 15 luglio
Cara Agata,
che strana sensazione ritrovarmi qui dopo tanti anni! Ne sono passati dieci dalla nostra vacanza-studio, eppure non mi sento molto diversa da allora. Dentro di me sono sempre la stessa ragazza un po’ fuori di testa. Ovunque vada, sono inseguita dai ricordi dell’estate che abbiamo trascorso qui insieme. Tutto sembra essere rimasto uguale: le Bianche Scogliere, Londra e il Tamigi, e infine Brighton, con la sua aria così vittoriana e un po’ fuori moda… 

Mi piacerebbe che tu fossi qui a goderti lo spettacolo dei gabbiani che svolazzano frenetici attorno al pontile del Palace Pier, attenti a non perdersi neppure una delle briciole gettate loro dai turisti.Ti starai chiedendo come mai questa volta abbia preso in mano carta e penna, che sono strumenti di comunicazione che non mi si addicono, anziché telefonarti come faccio di solito. 

Il fatto è che non ti sto scrivendo per raccontarti come mi vanno le cose, ma perché credo che sia giunto il momento di darti quelle spiegazioni che ti sei sempre rifiutata di ascoltare. E siccome non voglio rischiare che tu mi appenda la cornetta in faccia, preferisco farlo per iscritto, anche se sarà più faticoso. Sì, hai capito bene, voglio proprio parlarti di quanto accadde qui dieci anni fa. So che mi avevi fatto giurare di non tornare più su questo argomento, ma è ora che tu sappia la verità. Oddio, ”verità” è una parola troppo grossa. Diciamo, allora, che ti esporrò la mia personale visione dei fatti. 

Da quando tu hai deciso che parlarne avrebbe significato la fine della nostra amicizia, sei sempre riuscita a far finta che non fosse successo nulla, come se avessi cancellato ogni cosa dalla tua memoria. Ti ho già detto altre volte che non approvavo questo tuo comportamento, ma che avrei fatto di tutto per rispettare la tua scelta. Però ora sono accaduti fatti che potrebbero gettare nuova luce su quel pasticcio, e perciò non me la sento di continuare a tacere. 

Ti prego di perdonarmi se questa sarà la prima promessa che non sono capace di mantenere, e spero che tu voglia leggere questa lettera fino in fondo, anche se sarà lunga e piena di ricordi dolorosi. Se pensi ancora che l’affetto che ci lega rischi di essere incrinato o addirittura distrutto da storie vecchie di anni, non esitare a stracciare questa e tutte le pagine che seguiranno. Altrimenti accompagnami in questo viaggio a ritroso nel tempo e aiutami a colmare quella sorta di buco nero che da lungo tempo minaccia di intaccare le radici della nostra amicizia. 

La mia coscienza ha bisogno di uno sfogo. Non voglio negare che quanto è successo sia in parte colpa mia, ma ti giuro che le mie intenzioni erano buone, e che farti soffrire era l’ultima cosa al mondo che volevo.Prima di cominciare il mio racconto, devo dirti il motivo che mi ha spinto a rompere un silenzio durato così a lungo, la ragione di questa mia improvvisa ossessione per il passato. Ho rivisto Phil. Non avevo idea che fosse tra gli artisti che il mio datore di lavoro doveva incontrare per concordare una mostra da allestire alla nostra galleria d’arte, il prossimo settembre. Ritrovarmelo di fronte è stato un vero shock. Anche lui mi ha riconosciuta subito, ma è rimasto sulle sue, proprio come faceva allora. E’ sempre uguale, a parte qualche ruga (del resto, gli anni sono passati anche per lui). Ormai dev’essere intorno ai trentacinque, quaranta, ma ha ancora i capelli lunghi fino alle spalle e quell’aria da eterno adolescente che si crede un genio incompreso, che ai tempi mi faceva imbestialire. 

Ero convinta che fosse un atteggiamento studiato ad arte per apparire più interessante, ma adesso penso che, forse, si tratta di una piega amara del suo carattere che lo fa essere così schivo con tutti. Non mi sembra una persona felice, nonostante non sia più un musicista di strada senza un soldo, ma un pittore abbastanza affermato. Phil ci ha portati nel suo studio per mostrarci i suoi lavori, e non ti dico la mia sorpresa quando ho scorto, appesi a una parete, i due ritratti che ci aveva fatto durante quella gita a Torquay, nel Devon. Ricordi che non aveva voluto che li vedessimo, dicendo che doveva terminarli e ritoccarli prima di mostrarceli? Poi non ci era più capitato di andare a casa sua, per le ragioni che ben conosciamo e, a dire il vero, io dei ritratti mi ero completamente dimenticata. 

Beh, morale della favola, quei due dipinti sono dei veri capolavori, soprattutto quello che raffigura te. Phil si è intestardito a non volerli esporre, nonostante siano di gran lunga i suoi pezzi migliori (strano che abbia saputo realizzarli con tanta abilità e maestria quand’era ancora alle prime armi!). Non ha voluto accettare l’allettante offerta economica del mio capo, dicendo che quelle due tele non verranno mai date in pasto a critici d’arte che ne strizzerebbero fuori le interpretazioni più assurde. 

E’ sempre il solito tipo strano. Comunque, confesso che mi ha colpito il fatto che tenga tanto ai nostri ritratti. Forse, dopo tutto, quell’estate ha significato qualcosa anche per lui. Temo di averlo sempre giudicato male, perfino nei momenti in cui eravamo più uniti. Prima di lasciarlo, non ho potuto fare a meno di chiedergli scusa per tutti questi anni di silenzio. Gli ho detto che avevo sbagliato tutto e che avrei voluto rimediare, se non fosse troppo tardi. Sai cosa mi ha risposto lui? Mi fa: “L’importante non è non sbagliare, ma scoprire, per ogni errore commesso, quale sarebbe stata la cosa giusta da fare”. 

E la cosa giusta da fare sarebbe stata chiarire subito tutto, anche se mi avresti certamente tirato dietro il servizio da tè di porcellana cinese del nostro padrone di casa! Spero che tu non sia ancora convinta che sia stato il silenzio a tenerci unite finora. Bene, adesso inizierò per davvero. Sei pronta? Tutto cominciò all’incirca dieci anni fa, quando ricevetti una tua lettera dall’Inghilterra, dove ti trovavi per una vacanza-studio. Il foglio iniziava nel solito modo: “Cara Micol…” Brighton, 21 giugno
Cara Micol,
sono appena arrivata e già non ne posso più! Non c’è niente che vada per il verso giusto. Il tempo fa schifo, il cibo non lo farei mangiare nemmeno al mio gatto, la gente fa apposta a parlare alla svelta per non farti capire un’acca di quello che dice e, colmo dei colmi, pare che in questo cavolo di paese non abbiano l’abitudine di installare un bidè nel proprio bagno di casa. Insomma, una vera catastrofe! Avrei preferito passare l’estate ad Alassio con i miei, almeno mi sarei rotta le scatole senza dover patire il freddo. 

Ma ormai sono qui, e non posso fare altro che lanciarti un appello disperato: S.O.S.!!! Ho bisogno del tuo aiuto, altrimenti ne esco pazza. So che avevi programmato di fare il giro della Sardegna in sacco a pelo con i tuoi amici, e che la mia proposta non ti sembrerà altrettanto invitante, ma non è che saresti così buona da raggiungermi qui a Brighton? Ti prego, ti prego, ti prego! Fallo per me. La mia padrona di casa dice che non avrebbe problemi ad ospitare una persona in più, basta che tu ed io le promettiamo di parlare rigorosamente inglese anche tra di noi. Qui ci sarebbe spazio per dieci studenti, altro che due! E’ una casa immensa. 

E poi il costo dell’alloggio e della scuola non è eccessivo, se eviti l’intermediazione dell’agenzia e lasci fare tutto a me. 
Mi rendo conto che ti sto chiedendo un sacrificio, ma se non fossi tanto disperata non lo farei. 
Sono davvero una frana di amica, eh? Sono sempre io ad avere bisogno di te. Comunque devi 
sentirti libera di decidere quello che vuoi. Però sono sicura che se fossi qui ci divertiremmo un mondo. 
La città, in sé, non è brutta, e già sai quanto siano mitici i pub inglesi. Peccato solo che io sia l’unica maggiorenne del mio gruppo, ovvero la sola autorizzata ad acquistare alcolici. Qui sperano che li 
compri io per tutti, ma se mi scoprono finisco nei guai. Non mi va di correre dei rischi per un branco 
di marmocchi a cui mi tocca fare da balia. Poverini, come sono cattiva! In fondo non sono così terribili.
 In realtà sono io a essere fuori fase.
 
Ora ti lascio e torno ai miei esercizi di inglese, almeno quelli mi riescono sempre! Fammi sapere le tue intenzioni. E scusami se ho insistito tanto. Non voglio obbligarti. Ti voglio bene.  La tua amica Agata. 

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